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Le foglie cadono,
precìpitano e pàlpitano,
a terra muioiono
sotto i miei ócchi,
secche s’invecchiano,
al suol si confonodono,
e poi svaniscono,
come spariscono
i miei Sogni tremuli
negli attimi cèruli
dove risplendono
della Luna gli aliti,
tranne che gli incubi.
Vien la vendemmia!
Guardo lontano;
e son immagini
di mente instabile,
d’ëoni impavidi:
volàn le rondini,
fan rotta per l’Africa,
cercano gli eremi,
l’oäsi selvatiche,
le tende dei Berberi,
gli egizi incensi.
Sotto i miei sguardi
esse trascinano
gli implumi piccoli,
i loro cuccioli,
la Dea Proserpina
di Primavera,
l’Estate tiepida,
e il serico Sòl.
Sento: trascinano
i miei ricordi,
le mie membranze,
i queti valichi,
le vette immani...
ora me le strappano
furiose, ruvide
dai più reconditi
atri del cuore.
Forse cinguettano,
cantano libere,
per questo esultano,
tosto festeggiano.
M’hanno invecchiato!
I corvi scendono
sui campi. Mangiano
cercano, rovistano
tra paglie pallide
i semi. Lasciano
le piume in tenebre
dove sorgevano
i campi biondi.
Beccano i miei
attimi antichi,
ivi mi scrutano,
mi càvan gli occhi,
impallidiscono
all’alba morbida
ma nella Notte
tornano neri,
mi guàrdan, sclamano
"Memento mori".
Sento una noia,
noia fatale,
le nebbie sorgono,
vengono, danzano,
un sonno in cuore
mai soddisfatto.
Le mie labbra sbadigliano.
Sento una noia,
sonni feroci,
malati, irosi,
sento i miei loculi,
i miei sepolcri,
vòglion mie óssa,
sputo la tosse,
quasi qual d’etico
morbo colpita,
tubercolotici
Sogni che scorrono.
Muoio d’inedia,
ombre del Fato.
I campi m’ispirano
soltanto cantici,
le brume un incubo
ignoto e orribile,
le luci del mattino
l’arpe mi suonano,
forse mi trillano
canzoni nuove.
Le foglie scendono,
così le seguono
i miei capelli,
canto di saffiche
strofe elegìäche,
idillio eròïco
saffici versi,
ma Saffo non c’è.
C’è sol Proserpina
che Ade desidera,
Achille lagrima
a Odisseo co’ palpiti,
Eracle soccombe,
si lamenta Élena,
Ermione sibila.
È l’Autunno di Ilio,
ma Ilio non c’è.
Specchi mi mostrano
le nebbie a’ tempia,
i tempi fuggono,
attimi incogniti,
Ebe mi brinda
la vigna úmida.
Vita non c’è.
Ed io vi dico:
"Ho päura della Notte". |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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