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Con gli occhi rimirando Gonare
dalle tanche poste in altura,
il tuo Genio adolescente intingeva il calamaio,
quando portavi al pascolo le greggi su in montagna.
Sui dirupi assolati ti libravi come un falco,
in alto come il vento sognando di leggende,
come l'acqua cristallina che saziava l'anima
sentivi il tuo destino che segnava il tuo cammino.
Dall'ovile alla scuola hai voluto viaggiare,
mangiando cacio e libri per esser letterato,
da grande diventavi signore
a Sarule ti chiamavano già signor dottore.
Eri elegante e fiero come un Barone
senza però perdere il senso dell'onore,
in quei tempi di guerra e di dolore
partivano i coscritti in massa alle trincee.
Uomo valente s'inteneriva mostrando il suo sentire
pensando alla donna che gli ha rapito il cuore,
in quei tempi non era cosa solita
mandare coccole su note carezzevoli.
Ascoltami "Diosa"come è grande il mio Amore,
anche se son distante al di là del mare,
non ho mai pace nelle mie notti di tormento
nel pensiero di te dolce diamante.
Tu somigli ai fiori di primavera,
come un giglio che sboccia al mattino,
sei presente nei miei sogni, ornata di monili splendenti,
in ogni attimo delle mie notti mia dolce colomba.
Sono cent'anni che cantano la tua armonia,
in ogni dove di questo nostro mondo,
dai giovani che lusingano amori
ai tenori che t'intonano balli sognanti.
GM.
A VADORE SINI
Mirande a Gonare dae sas tancas in artura
chin sa pinna e su tinteri t'inzeniabas dae pizzinnu,
su bestiamene turbabas pro s'amore e sa famillia
pessande onzi mamentu chi t'aia toccau unu sinnu.
In sas percas solianas ti pesabas che un astore
in artu che- i su bentu, mulinande paristorias
che abba frisca ti mascaba sa cussenzia,
ca l'ischias chi vis de cuss'erenzia.
Dae su cubile a iscola ser moghiu pro disizzu,
manicande casu e libros pro esser litterau,
a mannu ti ser fattu segnore,
in Sarule ti muttian su duttore .
Comente unu barone vir distintu,
chenza che perdere su coro e s'amistade,
in cussos tempos de gherra e de abbolottu
partinde vin coscrittos tottu abottu.
Omine e gabbale mustraba su sentìu
a sa culumba chi l'aia furau su coro,
in tempos chi non fit'usanzia posta
Badore lusingaba chin grabu una carigna.
Mira a biere Diosa cantu t'appo in su coro
mancari distante a cust'ala e mare,
chenza reposu in nottes de amargura
prenda galana in disizzos de amore.
T'assimizzo a sor frores de beranu
che lizzu ispartu a su sole e manzanu,
in bisos ser presente prenda e bramas
in cada ghettu culumba mea galana.
Sunu chent'annos chi ti cantana armoniosa,
in cada punta e loccu e custu mundu,
dae sos pizzinnos carinnande isposas
a sos tenores mudande a ballu tundu. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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