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Più non si alzano le braccia
come ali davanti allo specchio
dove amor mi apparivi e io,
sbronzo di sogni,
attizzato da giovanile ardore,
con delicate movenze
ubbidendo al caldo richiamo
della tua pelle, sorridente
le dune ambrate esploravo
del tuo petto cosparso di nei.
Dall’alto dei sensi condotto
quante volte precipitai
nel mare di fuoco del tuo corpo
vasto e pieno di gorghi
fili di paglia le mie dita
or più non intessono
pensando a corvini capelli
mossi dal vento e frugati
con una dolcezza protratta
che il cuore lieto assopiva!
Oh le carezze all’eburneo
tuo collo mentre lo sguardo
tradendo un segreto cercare
confessava di aver furtivo
rovistato tra le forme muliebri
che la veste ostinata celava.
Ho dovuto bendarmi,
negli anni pigri di luce,
per riprodurre nella memoria
l’abbaglio e i gesti di allora!
Nello strazio agrodolce del ricordo
poggiando la mano sul cuore
ho tremato dietro la porta
chiusa della mia prigione;
al fluire di una triste stilla
caduta da occhi vuoti,
scosse di vita ho sentito
risalire dalle radici morte
del mio cuore stroncato.
E’ da millenni, amore perduto,
un vuoto cammino il mio andare!
In un immoto accadere
di ore e anni duri da vivere
una voce dentro mi illude
di poter il tuo volto smarrito
confondere con altro mirato.
Come svanito, delirando,
baratri radendo io vado,
alla terra e al cielo sordi
demente ripeto la mia storia!
Lo scheletro di un sogno,
investito da ventate di pena
penzolante si agita all’albero
a cui vivo lo impiccò un addio;
a folate intense di ricordi
là scricchiola tristezze senza fine
polverizzandosi tra le mani
dell’ombra che ne afferrò la vita. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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