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Dorme la mia terra,
rannicchiata nel buio della tana,
il lungo letargo del silenzio,
nell'inverno senza pioggia.
La mia terra,
come una vedova in nero,
addolorata,
aspetta il ritorno dal mare,
avvolta da onde di tempesta,
scarmigliata dal vento,
con una preghiera di speranza.
Mare che si porta via sogni
inabissati sul fondo alla deriva,
sogni che non crescono
in mezzo a sterpaglie e sassi roventi.
La mia terra non ha nome,
ormai disabitata,
lascia andare i figli per non vederli morire di stenti.
Piange di averli messi al mondo,
sciupando il ventre inaridito,
le mammelle senza latte,
isterilite dalla fame.
Cuore di mamma presagisce il pericolo,
sa che altrove mieteranno i semi angusti,
rimpiangendo le notti di luna
sulla riva salata,
imbevuta di stelle.
Nel ricambio d'aria, miscela di ricordi confusi
dalla nebbia sporca,
tornerà limpida l'acqua a rincrescere la nostalgia
dei tempi passati.
Il sole fumante sulla sabbia che respira,
asciugata dall'umido solco
che si richiude al passaggio di passi estranei
che misconosce.
Piange la terra,
abbracciata alla solitudine,
fissando all'orizzonte gli occhi del mare,
distesa fra le sponde in cui veleggia
senza più pensieri. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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