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Irta e solitaria è la scogliera,
ripida e scoscesa al verso
e frastagliata al piano
che intorno disegna la costa
Prospiciente è il mare
cupo e tenebroso
ove sostano i velieri
come fiere sentinelle di ieri
Giù da basso al fondo
s’infrangono le onde
e negli umidi anfratti
nidificano le rondini
Selvaggio è il luogo
ma brulicante di vita
ove sprazzi di luce radente
sovrastano il cielo turchino
Qui si perdono i miei passi
tra gli sterpi e i rovi nei fossi
e profondi estenuanti silenzi
dove il cuore ama stare
Assorto, ascolto il mare
mentre i lugubri pensieri
si librano nel cielo infinito
adagiati su strali di vento
Liberi finalmente, come uccelli di rovo;
Mi alleviano la mente
affrancata d’ogni velo
in questo vago assolato ritrovo |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«La scogliera, così irta e brulla, che si erge maestosa di fronte al mare, luogo selvaggio ed incontaminato, diviene nella mente dell’autore sinonimo di libertà, luogo ideale dove si realizza quell’anelito ancestrale di librarsi nel cielo, quasi come gli uccelli che la popolano, con la leggerezza del loro volo sugli aliti di vento, liberi finalmente da ogni velo, da ogni ostacolo che impedisca di elevarsi in alto. Si ritrova così quella leggerezza e purezza che il mondo a volte ci nega, ci offusca, e la mente ne viene quasi liberata, alleviata dai suoi bui e cupi pensieri.» |
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