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Ombre stupende mi son questi campi
che, come lidi, un mare or forse sognano
stringere, quando il tramonto pàr prossimo
e l'ultimo meriggio a rispecchiàr
con le sue fiamme qui va, pria che torni
dimàn, dopo molte notti e altri giorni.
E quanto belle mi son le risaie:
Oceäno del borgo che in tra' rivi
i päesi d'intorno alterno bacia,
dond'io contemplo i lontàn campanili
di Gravellona, e Vespolate e Tòrnaco,
e i cascinali in vêr Nicòrvo, co' terre
che prime spiche lentamente danno,
mentre ivi ascolto le romìte rane
alla lòr blanda stirpe lamentàr,
e gli ami de' i pescatori gracchiàr,
e che cammina veggo l'äiròne,
la pallottola frinìr della caccia...
Ma più cari mi sono i boschi ombrosi,
che in me infondono un senso di quïete,
come se mille fole si destassero
per tanta ambrosia, e amara ortica e molti
ranuncoli co' i biondi, accesi volti,
e bei papaveri acché mi si riedono
dell'infanzia mia le eterne membranze.
Ricordo! Ero piccino; e pe' quel rosso -
forse solo per questa Idea di tinta,
ovvèr pe' il rosso istesso - anche in tempesta
allegramente facea i miei capricci
per stringere un papavero sul cuore,
e vederne svolazzare il bel fiore
a' prima tosse di un vento legg( i)ero.
È questa la mia terra! Il mio ricordo!...
Così tuttora osservo i fiorellini,
e odo il canto degli àgil beccaccini,
e ululàr la cornacchia per le pievi,
le cascine invecchiàr per il tempo,
testimoni d'un dì che non c'è più,
che non ho mai veduto e mi rincresce.
Mi par scorgere le ombre delle piccole
mondine, e quasi udìr i loro canti,
far di quei campi dall'erbacce affranti
un tëatro del popolo antico,
tra smanie e invidia, tra consigli e Amori...
le chiacchiere pettegole che s'alzano
a coprìr di vergogna l'alte vittime
e chi le fa, allorché il crodo - alla fine! -
con la fatica, e come Vita e Morte,
tutte eguali le rende, ahi giusta Sorte!
Si può portàr nostalgia per quel
che vissero i miei nonni e un po' i miei cari?
Che mi resta de' i sacri, antichi lari?
O solo il Sogno è possibile, or dunque?...
Ma questo io domandandomi odo un tuono,
e il cielo s'annerisce, e non è sera,
bensì (è) il temporale che viene a ruggere
per siffatto piovoso, oscuro maggio,
e Lomellina tutta a fulminàr.
La Tempesta ha rapito lo spartito
dell'usignuolo. Non sa più cantàr! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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