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I farisei pensavano che, Erode,
perché potente, andasse in Paradiso;
ma, il Cielo, da Dio, altro stile ode;
là, ascende fino a adire al seggio assiso
sotto al bel Sire, chi i Suoi agnelli cura;
chi, quando 'ei vede, ha lagrime sul viso.
Madonna l'umiltà, Sua ancella pura,
toni soavi dianzi al gregge usa;
delicatezza, nel reame dura.
La grazia sulle pecorelle è inclusa;
là, il Sommo vuole esse siano amate;
Erode non vi accede; non c'è scusa.
Chiesi a Virgilio, a Seneca, al buon vate:
in Cielo entra solo chi agli ovini
pulì l'ovile, come in vecchie date.
Ricchi epuloni, farisei, gli spini,
mancano, al Regno della gloria buona;
si dà onoranza al prossimo, ai vicini.
Non vi è macelli, lupi, o una persona
che non carezzi chi con lana scaldi;
Dante cortese, con Platon, ragiona.
Gli angeli, i nunzi, il Pastor buon fa araldi. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Il ricco epulone, Erode, i farisei, pensavano, erroneamente, che, perché (pre) potenti, potessero accedere al Paradiso, ma si sbagliavano. Da primi, divennero, gli ultimi, perché massacravano le pecore, care a Gesù, per la loro fede e mitezza. I pastorelli, frugali, che le amavano, invece, pulendo loro l'ovile, socialmente ultimi, da primi andarono in Paradiso, tra gli altri beati. Ivi, la devozione delle fedeli umili, ammantatissime, al Sire, il Pastore buono, commuove, profondamente, i poeti.» |
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