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| I cavalieri del tempo cavalcarono la tempesta,
nella terra dei sogni e delle miserie,
Il vulcano eruttò lapilli verso il cielo,
in una voce d'amore e di dolore,
il mare increspato dalla furia del vento di Maestro
sconvolse l'arenile.
I portatori di sale dal volto ligneo,
guardarono verso il mare,
là dove Cola Pesce vive a sostenere
la colonna sulla quale regge la Sicilia,
sgomenti vedevano la burrasca gonfiarsi,
in vortici ascendenti aspirare l'acqua marina,
per riversarla in pioggia scrosciante e furore di vento
a sferzare le case e la terra.
Il pescatore in ginocchio cosi pregò:
"Signuri addinucchiuni io ti preu,
Tagghia la cura a la tempesta,
astuta lu tronu e lu lampu
un lassari finiri la me varca
a lu funnu di lu mari.
Signuri, aiuta me muggheri,
li me figghi e l'atri picciriddi,
a la me casa fammi turnari,
li riti di la tempesta un fari strazzari".
Cosi Pietro pregava,
una cantilena antica di dolore e sgomento!
"Tronu tronu, vattinni arrassu,
chista è la casa di Santu Gnazziu,
Santu Gnazziu e Santu Simuni,
chista è la casa di nostro Signuri".
Le donne della mia terra,
dagli occhi intensi d'ebano,
dalle labbra rosse e dal seno fiorente,
portarono brocche di terracotta,
per attingere l'acqua alla sorgente,
la tempesta era passata,
una brezza leggera spirava dal mare,
in una musica senza note e senza tempo. |
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Eolo |
01/03/2017 00:01 | 1655 |
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