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«Rileggendo un vecchio libro ("Psicoanalisti e pazienti a teatro, a teatro! ", ed. Arnoldo Mondadori, 1988) di uno dei miei idoli della gioventù, lo psicoanalista Cesare Musatti (al quale ho intenzione di dedicare, prima o poi, una poesia), mi sono imbattuto, alle pagine 54 e 55, in queste parole: "Il modo abituale di considerare la persona umana, costituita dualisticamente dallo spirito, l’anima, la mente e il corpo, non regge all’esame dei fatti. Il pensiero, e tutto quello che appartiene alla nostra spiritualità, sono in stretta connessione con la nostra attività corporea: anche se, assai spesso, non siamo in grado di dire come ciò si verifichi. E gli organi, gli elementi del nostro corpo, hanno un loro specifico modo di esprimersi", anche se Musatti ammette poi che "è difficile entrare in quest’ordine di idee. Perché, per quanto spregiudicato uno possa essere, la concezione dualistica della realtà umana - anima e corpo, spirito e materia, pensiero ed organi esecutori, azioni meccaniche (o tutt’al più fisiochimiche) - è profondamente radicata in noi. "» |
Inserita il 03/12/2017 |
Quello che spesso inganna tanta gente
(noi poeti di questo colpa abbiamo)
è credere nell’anima, presente
in tutte le faccende che sbrighiamo.
Sarebbe forse alquanto conveniente
dare importanza all’unico richiamo
del corpo, che in maniera indipendente
ci fa agire così come noi agiamo.
Basta un amore, od una malattia,
e quell’"anima" ben muta d’aspetto,
mettendosi assai presto sulla scia
del corpo, del suo lucido progetto:
cambia i vestiti il corpo, ed ogni via
è percorsa con l’abito a essa addetto. |
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