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È cushtu ' nu sunettu ti sapienza
ca faci vèti quantu simu shtuerti,
percé trattamu l'atri cu 'ncuscienza
cu ni sintimu t'essiri cchiù fuerti.
Però no' sserv'a nienti la 'pparenza,
cá 'ntra lu cori hama èssiri cchiù ccerti
ti putì' shtari 'nziem'all'atri senza
fa' mali a lloru e senza fa' scuncierti.
Nu' no' putimu tiri ci so' l'atri
ci prima no' vitimu ci nu' simu,
percé ni ponnu fa' passà' pi latri.
Rrubamu a lloru cuddu ca critimu
ca li pó ffa' parì' tunni e no' quatri
e cchiù tunni ti l'atri ni facimu.
Ma doppu nui capimu
ca l'atri sontu simili a nui shtessi
e rishtamu fricati comu fessi.
Traduzione
Chi son gli altri
È questo un sonetto di sapienza
che fa vedere quanto siamo storti,
perché trattiamo gli altri con incoscienza
per sentirci d'essere più forti.
Però non serve a niente l'apparenza,
ché dentro il cuore dobbiam essere più certi
di poter stare insieme agli altri senza
far loro male e senza far sconcerti.
Noi non possiamo dire chi son gli altri
se prima non vediamo chi noi siamo,
perché posson farci passar per ladri.
Rubiamo loro quello che crediamo
possa farli apparir rotondi e non quadrati
e più rotondi degli altri ci rendiamo.
Ma dopo noi capiamo
che gli altri sono simili a noi stessi
e restiamo fregati come fessi. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Sonetto caudato in vernacolo sanvitese (alto salentino) con relativa traduzione. Schema: ABAB/ABAB, CDC/DCD, dEE.» |
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