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Si chiamava nientemeno che Beretta,
e non viveva ai nostri giorni,
perché cavalcava sulla sella stretta
pel ducato di Modena e dintorni,
e mai atteggiandosi a Don Chisciotte,
ma difendendo sempre, giorno e notte,
deboli uomini con spada e botte.
A colpi sicuri scacciava soprusi,
la direzione giusta al destriero
indicava senza mettere musi,
e il cuor suo fortemente sincero
giammai difettava di salute,
malattie non ne aveva conosciute,
spesso trovava soluzioni astute.
Beretta di nulla si spaventava,
tranne che dei malanni paterni:
il babbo da tanto tempo annaspava
quasi bussando ai cancelli eterni...
un dì di aprile, senza preavviso,
la luce non ne illuminò il viso,
ma preferì portarlo in paradiso.
Povero Beretta, rimasto orfano!
La madre anni prima se ne andò,
ed era tutt'altro che uno scorfano,
tanto che follemente se n'innamorò
quel galantuomo di Messer Gabriele,
bravo genitore, marito fedele,
privo nell'animo di ogni fiele.
Il cavaliere pretese funerali
sobri, accompagnati da cremazione;
circondato dalle caste vestali,
disperse le ceneri dal torrione,
e sulla pietra sfogò un buon pianto
liberando uno strazio affranto
che gli calò su come ombroso manto.
Ma non finiron qui le peripezie:
a tre giorni dal fin della cerimonia,
si misero davanti mille pazzie
tutte insieme, e con acrimonia
formarono un lugubre fantasma,
nobile ma rantolante con asma,
e più incupito di un miasma.
Lo spettro immantinente si rivelò:
era Messer Gabriele dall'aldilà!
Riemerso per un macabro sfottò,
volle sottoporre all'immunità
del figlio una terribile prova:
un dolore che più non si ritrova,
cocente come la più calda alcova.
Disse il fantasma: «Credi davvero
d'aver sperimentato proprio tutto?
Il tuo piglio mi sembra troppo ciarliero,
nemmen sai elaborar un lutto...
e se di perdermi il tuo timore
più forte fosse stato di chi muore,
come argomenteresti un valore?».
Rispose Beretta: «Hai proprio ragione,
ora soffro perché ti ho perduto,
ma ritroverei ben altro magone
se venisse ingannato il mio fiuto...
rode l'attesa di una disgrazia,
benché poi con infida malagrazia
s'abbatta, ma allora di meno strazia!
Padre mio, il peggiore terrore
ho visto che oggi mi s'è avverato,
e sarei pronto a giocar l'onore
se un fardello non m'ha affibbiato...
ma adesso comprendo che il coraggio
non sempre tien l'opposto in ostaggio;
chi lo sa, è ben eroico e saggio». | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
«a scanso d'equivoci Beretta è uno dei tanti nomi esistenti e di fantasia» |
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