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Era perenne, e bionda e bella... e casta,
occhi di mar come specchi del Cielo,
a' i capei un fior di melo
tenea, e la vasta
sua fronte e femminina eburnea stava
a raccogliere i baci di ombre e Sole,
profumata di viole,
per l'aura cava.
Si pettinava sorridente e fresca.
Forse si preparò a incontro d'Amore,
ché amava un altro cuore,
Arte donnesca.
Dolce fanciulla! chi t'ama è appagato
dallo Spirito tuo celeste e buono,
che ride come un tuono
in ciel irato.
Con ogni suo capello facea forse
un candido giuocar d'"ama o non m'ama",
amato di gran fama
che il Ciel le scorse.
Era splendida e dolce e quieta... e santa,
cantava una romanza in voce forte,
cantò d'Amor e Morte.
E ora si vanta
nuda su' un letto, dinnanzi a un pittore,
irrequieta sgualdrina d'in su' i ghetti,
il sen nudo, i difetti
nei al suo candore
del giovin pube di seriche cere.
Il dipinto è finito. Ella il suo sguardo
volge maliardo.
È l'ora del piacere!
Mostra le gambe, carezza una coscia,
accoglie il premio del dipinto osceno,
urla la bocca, il seno.
Ne gode; e poscia
più volte incinta, più volte l'aborto,
il medico segreto per il suo ventre.
Muor suo bambino, si diverte; mentre
il Cristo è sempre morto.
Madonna infame, madonna crudele,
figlia del Cielo, prole dell'Inferno,
sembra specchiar l'Eterno.
Ma il Sogno è fiele! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«In questa Elegia ogni immagine è semplicemente un simbolo dell'abisso che intercorre tra Ideali e Realtà, tra Apparenza ed Essere. Perciò, benché cruda in molti aspetti, non è una Poesia "maledetta", né una confessione di misoginia e nemmeno una riflessione sull'aborto, che qui è un simbolo.» |
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