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Umiltà fulge, e va, dal Sire, in lei;
grazia condensa, al Reame, in Paradiso;
folgora il poeta, da interior sorriso,
azzurra e casta, linda quale i dei.
Manto celeste copre i tratti bei,
entro lei soavi, umili, nel viso;
sa che il poeta ha i cenni condiviso,
lo serve sottomessa, ai modi bei.
E più di foco al cuore ella s'avvede,
più agisce per il bene del buon vate;
nega sé stessa, ea, prova del Cielo;
serve, ed è bella quale l'alma Sede,
ancella onesta delle altre fate,
mite, in clausura, entro azzurro velo...
...sì riverente, dalle eterne date. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Nel Reame vero, le fedeli a Dio Ne condensano grazia ed umiltà. Succede, perciò, che esse "folgorino", involontariamente, i poeti. Allora, si pongono in attitudine sirvente e sottomessa, solo ad onorare il poeta trafitto. Ma è tutto interiore. Nulla traspare all'esterno. Il crescendo si va quindi a raffermare in un circolo di vortice estatico, verecondo ed angelico, fatto di timore sacro e di ossequio schivo. L'inno: "Gloria in Excelsis Deo", ascende confortatore, quale lume aurorale a levante, o colonna d'incenso nel Duomo diafano e mistico.» |
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