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Ci l'ommu 'nta la vita faci tuttu
cuddu ca voli cu la fantasia
o puru cce nci 'spira la puisìa,
nci spetta poi ti ccogghjri lu fruttu.
Quann'iddu no' nci ccogghj nienti è bruttu,
in quantu ni pó ffa' 'na malatìa
e poi, vivennu cu malincunia,
a cchianu a cchianu pó èssiri tishtruttu.
E sulamenti doppu ca iddu è muertu,
ci reshta pó capì' quantu valeva,
ma è tardu ormai cu nci pó dda' cunfuertu.
È ffattu tuttu cuddu ca sinteva
e no' si meritava cushtu tuertu,
cá è scrittu quantu l'ànama ticeva.
Lu tiempu lu sapeva
ca ci è püèta prima havà muriri
e poi, sarai, lu fruttu l'hav'aviri.
Traduzione
Il tempo lo sapeva
Se l'uomo nella vita fa tutto
quello che vuole con la fantasia
oppure ciò che gli ispira la poesia,
gli spetta poi di cogliere il frutto.
Quando lui non coglie niente è brutto,
in quanto può farne una malattia
e poi, vivendo con malinconia,
a poco a poco può essere distrutto.
E solamente dopo che lui è morto,
chi resta può capir quanto valeva,
ma è tardi ormai per poter dargli conforto.
Ha fatto tutto quello che sentiva
e non meritava questo torto,
ché ha scritto quanto l'anima diceva.
Il tempo lo sapeva
che chi è poeta prima deve morire
e poi, forse, il frutto lo avrà. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Sonetto caudato in vernacolo sanvitese (alto salentino) con relativa traduzione. Schema: ABBA/ABBA, CDC/DCD, dEE.» |
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