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Così è l'inverno - all'orizzonte - e freddo
avvicìna ei le sue danze di ghiaccio;
e sento gelo, e sento
brine cadèr
sulle vie del päèse che riposa
quando ora, appena dopo il pomeriggio,
è sì profonda Notte.
E pàr che piova
su' i miei sguardi la Luna, la quàl schiàra
prima del sonno, perpetüàmente,
il gèlido tintinnàr delle slitte
dei miei soliti Sogni,
lèttera che una steppa, là, tra' i nembi
sempre mi scrive,
e che tramonta all'alba.
E pàr che còrra il nevischio fuggente,
tra il vento di novembre a seppellire
di scialbo e mesto manto
la nuova sera.
Allora sento in cuore e gioia e tristezza,
e soffocàr da sconosciuta angoscia,
e rìdere piangendo per le nebbie,
tra melanconìa e allegrìa da fanciullo,
io! impossibilitàto
a sottràrmi da codesta Natura,
e dal Fato che rune mi hanno ordìto,
allorché io più non so:
Dov'è la Felicità? È una chimera?
E dopo tanta estate vièn l'inverno?...
Così penso e intèrrogo,
aspettando che venga una nuova alba,
e attendendo che sulle foglie secche
cadute in su' i vïàli ai primi incòntri
con il tàcito autunno
cada la prima neve - presto o tardi -
su cui cercherò forse delle impronte,
che là, mi porterànno, oltre il Destino,
dove conoscerò l'avvenìr ora
oscuro, inquieto e incerto.
Può forse in tante nevi e in tanto gelo
Dio camminàr,
e chiamàrmi per nome.
E come vorrèi che questo mio nome,
e quèl richiamo, e questa gioia ventura
fosse l'Amòr!
E come vorrèi che questo mio Sogno
più del Sole nel giorno, più di Luna
duràsse nel cuòr!
Sarìa portento,
e qui conterèi più baci di quanti
sòn i cristalli di una nevicàta.
Ma lungo è inverno; e sembra
duràr per sempre.
Ahimè! ci sarà ancòr Misericòrdia? |
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