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Cura che lenisce, risana, raccoglie,
brandelli di anima al vento,
sbattuti da folate moleste,
sbiaditi da un sole salato di mare,
sgualciti dal garrire inesausto.
Una cura per purificare gli strati profondi,
le metastasi più involute,
fino all’origine,
il fuoco che brucia e ti brucia.
Immergo bende in pensieri balsamici,
la pelle cosparsa di ricordi aromatici,
spezie e profumi che stagnano nella psiche,
a riaffiorare in memorie scomparse.
Corpo immerso in un mondo liquido,
salgo assieme al vapore,
abbandonato alla leggerezza di colori pastello,
perdo la mia pesantezza e risalgo,
tortuoso a spirale fino all’inizio di un giorno verde.
Sento gocce che colpiscono cerchi di un’acqua di specchio,
vibrazioni che portano rumore e lacrime,
profumi e immagini.
Una cura che graffia e incide il mio volto contratto,
scolpito da nebbie e venti del nord,
abraso da sabbie cristalline di deserti del cuore.
Lento tepore che scioglie,
pervade e rilassa, progressivo,
a smussare asperità e orgoglio.
Ancora la cura che rigenera vita,
con lo sguardo che coglie le complessità del semplice,
l’inutilità del contorto,
la vanità delle cose superflue.
Passo calici d’olio a cospargere sogni,
a profumare desideri e futuro,
abbandonato in una musica che segue il movimento liquido,
che ti accompagna ai margini di un giardino d’inverno.
Sempre la cura che scende come una goccia,
percorre con la sua scia umida pelle e dolori,
a cullare lacrime e sogni spezzati,
ancora lì, nel fondo di una sacca,
rannicchiato che aspetto,
una fine o la fine del giorno. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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