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E l'Autunno è come Napolëòne,
bramoso Sire del Brumaio selvàtico,
che ad Austerlitz ne miete i fiori estremi,
al fuoco i suoi soldati e gli anatèmi...
che a Lipsia si addormenta con le vìttime
dei primi geli sulle querce ossute.
Non v'è altro che un crepùscolo tirànnico
tra le foglie che càdono sui campi.
E il cielo si fa sempre più ingrigìto,
e il vespro svelto viene, ed è contrìto,
e finìscono i tùrbini dei lampi.
La pugna è vinta! L'Estate è un trofèo
nelle mani dei Mostri del tornèo,
colpita a morte dai fuochi delle òïdi
dei granatieri dell'ùltimo Sole,
insanguinati da rose e da viore;
e i clivi non divèntano che brume,
e le piane non altro che sepolcri,
e i cimiteri spettri della Notte,
che vagabonda il meriggio ella inghiotte.
Così il famèlico e tetro Titàno
del nuovo Autunno che vièn da lontano
scorge gli orbati fiori e i pioppi ignudi;
e prima che sia fatta un'altra sera,
omaggio ei rende all'estiva bandiera.
E il Tramonto è perenne. E porta il nome
di un ribelle d'in su' un destriero scialbo,
Morte e Disperazione.
Ti attendo in Primavera sulle pianure belghe. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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