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Fischiàr gavòtte allo specchio di un vento
che fa ritornàr l’eco da i suoi ansi occhi
di invisìbile giorno,
e sibilàr alle frasche dei salici
e delle querce, e dei pioppi, e dei plàtani...
urlàr dei sovrumani
sospìr indefiniti come le ombre
delle più attese sere,
e qui sedèr al davanzàl del ponte
presso il più vecchio mulino in mattoni
rossi di smorto fuoco, e quasi spenti
in un tramonto! Arbogna!
Immane possa e tremenda e inumana
nella tua cateratta sotto i miei
piedi, dove zampilli i tuoi cristalli
che ricascando da un pìccolo calle
quasi perpetuamente si moltiplicano,
per poi spègnersi tosto
dissolvèndosi con le altre tue onde
in un così perenne e oscuro ciclo
di Nàscita e di Morte...
una potenza inferma dov’io pùr
mi perdo, e ne’ i suoi vòrtici che scòrrono
per le tue ignude pietre,
come un naufragio eterno nel passàr
di questi flutti irrequieti e furiosi
che sono fiori che nàscono e muojono
nelle tue piogge di torrente estivo!
Arbogna! Sacro
Reno mio, e del mio päèse nei campi,
che i seni culli delle Ondine dei
miei Sogni, e i ventri delle Ninfe d’àëre,
e che sei l’ìnguine söàve e spoglio
di una fanciulla immortale, dannata
a giacèr nuda
nella danza delle acque che rispècchiano
i tuoi infantìli tallòni di Dea,
mentre il discinto peplo scende e crolla, e
per bruciàrsi nel Sole dell’Estate;
e che vai... vai oltre, verso la campagna,
dove sovente io più lìbero e quieto
il cuòr dischiudo ai lenti singhiozzi
della Natura!
Arbogna! Dove io affogo,
e ne’ i tuoi bàratri angosciosi e mesti,
sepolto vivo da’ il scòrrere tuo,
recònditi pensieri di un Pöèta
che vive per il Sogno,
per mèttere alla prova le sue ordìte
sete, i velluti... per vedèr se mai
si avvèrano nei pròssimi suoi giorni,
perché ei ama l’illusione!
Arbogna mia!
Dove nella tua guancia sovrumana
scorgo io più volte riflèttersi il Cielo,
e le nubi sue d’oro,
e l’ìri sua;
e nell’Oltre del ciclo naturale:
nel crepùscolo amaro delle gioje, e
nell’alba della Morte,
e nel riposo della Vita assente,
e negli illusi àttimi dell’Amore,
e nei perduti Sogni della mente,
e oltre ogni via e ogni corso
v’è l’Infinito... E è Iddio!
E come tu sei bella, oh Arbogna mia! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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