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| Giacché troppe in quel luogo, e cibo scarso,
certa zanzara in certo giorno fosco
abbandonò il suo stagno presso il bosco
recandosi in città a sfidar la sorte.
La sposa d’un dottore, in luogo giunta,
lei punse, a rinfrancarsi del gran viaggio;
ei valutò quell’atto un grave oltraggio:
reo sangue da dover lavar quell’onta!
E vita certamente avrebbe persa,
ma lei fiutando strada dei cipressi
in quella d’una villa, ancor nei pressi ...
su un fiore a sonnecchiar, tosto si pose.
Ben umida la casa e nauseabonda
e c’eran buoni figli da succhiare ...
ma il sole escluso, al chiuso lì in dimora,
e senza alcun giardin ... non fu un affare!
Sangue gustava dolce, in vita abietta
e ardita tra tossine e altre minacce;
tra mamma e figli a soggiornar ristretta ...
il tempo giovanil perso rimpianse
ove sostava in ombra a fior delle acque
lì tra le fronde, su malferme rocce
con ninfe amate accanto a sterpi e a sassi,
al romorio d’augelli e allegro rio.
Dunque tornò al gradito suon delle acque
fresche e gentili, insieme a gallinelle...
Ignoro di che viva or dentro al fosso,
ma se meschina in Urbe altro non trova,
succhiar dovà pungendo e a ché il deploro!
Fame non può capir chi non la prova,
lei di licor che sugge non ha colpe:
Più non si gridi:” Maledetta bestia!” |
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