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Il tempo assassino,
toglie le belle stagioni
su cui scrivere e decantare,
toglie l’enfasi del poetare.
Un fiore s’apre
e non s’abbaglia di sole
ma appassisce e muore
sotto piogge sferzanti!
Rozza la terra più non è zolla
più non accoglie
neppure una goccia d’umida pioggia
e come un fiume di fango
scivola a valle pian piano
e tutto travolge.
Sconvolti i sensi
da pensieri introversi,
nascono e muoiono
in una stagione.
Ora però
che impazzito è il tempo
ed alcuna stagione
più non esiste, che cosa rimane
al poeta dell’antico fervore,
che cosa ci resta,
solo passi d’inverno?
Che rimane ai poeti
da decantar ad alta voce
se le belle primavere
più non incontra? | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«I poeti osannano sempre le stagioni soprattutto la primavera ma ai tempi d'oggi non c'è più quel pacato scorrere del tempo che ci inoltra tranquillo tra una stagione e l'altra, si passa dall'inverno all'estate e viceversa ...» |
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