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Sceíbbe, veneíbbe
a’ la Féire de Sénde Seleveístre
stàvene tutte le mesteíre veícchie,
u’ feschelàre, u’ conzaseígge e finénghe nu’ stegnére
M’accatteíbbe nu’ belle friscechétte
e ne’ quartàra vècchie arepezzàte...
Quenda ggénde pe’ la stràte
ci abballèive e s’abbrazzèive
E ci arrestèive re’ fecatèddere
e po’ gredèive: "O’ arruste, o’ arruste
a’ mengià te vèine u’ guste
a’ pagà te vèine la suste"
Tutte quende a fa’ bbarriéne
mmezz’ó vùrghe da zi’ Meriéne
e quenne arreveíbbe a’ casa, a sere notte
che la quartàr’è mmène,
Nu mbriàche, steúrte e areghemète
ne me vedàje e m’azzeppàje m’mbrònde
e la quartàra, ca’ la tenèive acchessì care
de’ mmène me scevelàje n’dèrre,
Acciàise ad idde ca’ u’incondreíbbe,
ca’ all’arescàure aje nne’ù’ vedeíbbe
e la quartàra, com’à’ né bozze
se rembàie stoúzze stoúzze
Traduzione dalla lingua barese (variante di Molfetta)
La vecchia giara
Andai, tornai
alla Fiera di San Silvestro
c’erano tutti i mestieri vecchi
il fabbricante di funi, l’aggiustasedie, e perfino uno stagnino
Mi comprai un bel fischietto
ed una vecchia giara rabberciata...
Quanta gente per la strada
chi ballava e s’abbracciava
E chi arrostiva gli involtini
e poi gridava "All’arrosto, all’arrosto
a mangiar ti viene il gusto
a pagar ti viene il broncio"
Tutti quanti a far baldoria
in mezzo al borgo da zi’ Mariano
e quando poi arrivai a casa, a notte fonda
con la mia giara in mano
Un ubriaco, storpio e brancolante nel buio
non mi vide e mi urtò in fronte
e la giara, che la tenevo così cara
dalle mani mi scivolò in terra
Maledizione a lui che l’incontrai,
ché nell’oscurità io non lo vidi
e la mia giara, come una boccia
mi si ruppe in mille pezzi |
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