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♦ Pierfrancesco Roberti | |
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Ulula il lupo del tuo pizzo in vesti
dei tuoi adamanti, o Luna, e dei miei sogni,
e del mio ricordàr, e della sera
che a festa inclina, lungo il tuo crepùscolo
e a queste onde di mare, e a queste màschere,
e presso il canto aspro d'un violinista,
dove in mantelli oscuri e in scialbo dòmino
e senza sguardi, come mie illusioni,
vanno le dame e i cavalieri: e a danza,
e a caccia, e a baci di fatali istanti,
quando tu m'hai rapita l'ombra, e all'Anima
mia aneli forse: inghiottìr nel tuo specchio,
qual ne vuol la leggenda dei romàntici
ràpsodi, e delle streghe del mio Nord,
l'essenza oscura che non si conosce,
poiché dici che io qui ora ti appartengo,
e che son tuo, come tua è la mia màschera.
Forse, dunque, è soggiunto il carnevale,
e l'àttimo s'appresta di Quarèsima,
e tu, o Luna, mi vesti del tuo argento,
e del tuo oro, e ben sai che io son cuor mesto
tradito dai miei sogni, e dalle larve,
e da questi mantelli, e questi pizzi,
in un eterno mascheràr di sensi,
e negàr di sentìr dolci e or söàvi
accordi, e or brame; e queste Notti liete
non son che spettri che vanno per l'àëre
've il sonno mio mi fa vìvere il Nulla,
e non so chi vi sia dietro la larva.
Ho provato a parlare, ma il silenzio
è più forte di un astro che tramonta.  | 
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