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Dobbiamo essere proprio noi Dio,
a tagliarti la testa,
a spalancarti il ventre,
a sconsacrare in ogni nostra pietra
la morte, per un secondo Deicidio?
sui nostri corpi orbati di perdono
nessuno piangerà,
nemmeno i figli che ci mandasti,
nessuno avrà vergogna di suo padre;
quest'uomo ha il pugno di ferro, Signore,
ha il cancro radicato nelle vene,
imprecando ti scava nelle viscere
giorno dopo giorno,
e come allora distrusse i mille Dei
del mondo antico, distruggerà anche te,
le sue mani fredde, carpiscono dal mistero
la certezza e l'incertezza,
domani la tua testa penderà forse
dal palo dell'ingiustizia,
chi ti fece o facesti, ti sfarà,
di questo cielo in fiamme
non resterà che un ceppo a consumarsi
sull'altare di Cristo,
non avrà più segni che ci ricordi il giorno
in cui venne fra di noi,
ancora affronterà il patibolo,
ne il tempo ne gli uomini avranno pietà
del sangue e della croce che ti sorresse.
Spalanca gli occhi figlio dell'uomo e guarda,
la tua maledetta Gerusalemme è risorta dalle rovine,
all'ombra del Sinedrio t'aspetta Caifa in collera
per condannarti ancora,
là c'è Giuda che contratta col tuo sangue,
il tradimento, l'odio, l'ira, la negazione di Pietro
ti passeranno ancora sulla fronte,
i nostri figli grideranno in massa
A morte e Cruccifige
e i nostri padri e noi leveremo le braccia verso Pilato
contro il cielo, ad oscurare il Golgota insepolto,
pianteremo una croce ancora, lassù,
priva dei ladroni,
soltanto tu spremerai il tuo corpo
e svanirai confuso
dalla nuova mitologia senza Dio |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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