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Diamanti d’autunno
Ovunque il bianco vaporeo...
ammanta e avvolge ogni creatura
come fosse respiro di terra,
del tempo e di stagione;
così fino all’ultimo
degli orizzonti più prossimi
divenuti l’estremo dei circostanti
per ogni parvenza di vita.
Il Sole in assenza di calore,
lascia che giunga il riverbero
a ciò che quasi appare pigro
di scegliere la vita,
mentre compone l’immagine
compiuta del suo ritorno,
quale unica guida
al profumo di freddo.
Ombre come veli pallidi
che assumono la forza
da ciò su cui si depongono,
disegnando contorni
e linee di confine
quali unici segni
tra le due dimensioni
di opposta direzione...
ma non solo.
Ciò che quasi appare reale
dal sogno compiuto,
notturno e diffuso
nel suo stesso sentore,
crea come fosse riflesso
di un semplice rintocco
e da ciascuna presenza,
raggiunge la sua prossimità.
Cristalli d’erba
accompagnano ogni sguardo
fino a giungere dove
tutto ciò che segue
la propria via,
assume per incanto
il passo verticale
segno di ogni nascita.
Nel mezzo assoluto
di un gioco sottile
divenuto d’orpello,
ornamento e decoro,
sia fatta gara a cingersi
di fili argentei
in pregio di Luce,
seppure a lei indifferenti.
Brina di perla inanellata,
come fosse transito
e traccia insieme,
testimone di un sortilegio
come se volesse
rendere d’arte,
il filo stesso
del suo percorso.
Tutto quello che sceglie
e accoglie questo gioco,
è compiuto nella Magia
d’arabeschi e florilegi,
portata di ramo in foglia
fino al muto acciaio,
che rende merito a sé
e onore alla fantasia.
Nei pochi e piccoli doni
che ancora la Natura
ama che le appartengano,
lascia che adornino
ogni aspetto d’espressione
e trova di sé,
il modo più bello
per compiere la sua vanità.
Ovunque ci sia Acqua pigra e saggia
lei scorre quasi lieve sebbene sappia
ciò che accade lungo le sue spalle,
così decide che il suo respiro
lasci traccia di sé
quando diviene fiato,
come fosse l’essere in vita
ma di terra.
È questo il modo per cui
nell’ordine delle cose,
ciò che regola e sancisce
il trascorso del tempo e della vita,
esige che si perpetui
l’avvolto velo
non dipinto...
ma divenga dunque vivo.
Sia l’Anima
d’impulso
ma non preghiera
bensì frutto d’unione,
di tre respiri
che fattisi reali
e poi sospiro,
si compiano nel vero.
L’uno sia d’acqua...
presenza di vita e di quiete,
il cui senso d’esistere
è quello di giungere
dove ne sia l’attesa.
Poi sia quello di terra...
immobile ma così appare,
d’essere al suo levarsi
l’omaggio che appartiene
al luogo prescelto d’origine.
Infine sia chi dal cielo...
non giunge né s’innalza,
bensì s’avvolge
come fosse l’abbraccio
al colmo di ogni sguardo.
Solo ciò che abbia origine
alla vita dalla stessa madre,
possiede il diritto
al pari d’ognuno,
al quadro mutevole di sé
e d’immagine viva...
ma nella sola circostanza
che vi possa appartenere.
Ora per Natura,
sia giunto il tempo
di sciogliere
la sua promessa
stipula con se stessa
e di rappresentare,
seppur compiuta,
la propria bellezza.
Colei che diviene
chiama a sé il Vento
fedele amico di sempre,
che mai le tradirà l’attesa
fattasi ormai strumento
del tutto impotente,
al proprio compiersi
tra gli struggimenti.
È lui che raccoglie
ciò che avvolge ogni creatura,
come la vita stessa
rimasta e sospesa
nel respiro immobile,
e reca con sé il calore
di quella luce
libera ora e finalmente.
Ma sebbene lui porti
il muto cambiamento,
non compia altro
di ciò che si pone
come sia l’avvento
di nuovo all’esistenza,
perché lei divenga
da sospesa a nuova.
È percorso compiuto
in nome di ciò che
sappia essere certezza
del proprio avvenire,
quando la vita diviene
aspetto e sostanza,
apparenza e contenuto,
scoperta e significato.
Figure indistinte d’Anime stagliate:
cieche... perché di solo movimento,
reali... perché incedono d’incontro,
indifferenti... perché racchiuse nel circostante,
sagome rassegnate a sé
come fossero vestite
di sola luce ma che acceca...
in nome della vita. |
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