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Al sacro tuo sacello, oh Dante
son giunto pellegrino
silente e a capo chino,
con il cuor contento
e l’animo in tormento
La bianca augusta stele
di lacrime ho lavato
e a lungo accarezzato,
il tuo immortal genio ad invocare
A te indegno innalzo
questi umili miei versi.
Uniti alle mie preci,
ti giungano graditi
oh Sommo eterno Vate
Le misere mie rime
che il cuor mi suggerì
sull’urna ho declamato
tuo indegno servitore
E della stessa arte
che tu rendesti altissima.
Il mondo intero ognora
eccelso ti proclama... |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Quante volte sono andato sulla tomba di Dante Alighieri a Ravenna, ma l’ho trovata sempre chiusa... Il 5 novembre vi sono tornato, e questa volta l’ho trovata aperta e dentro non c’era nessuno (un segno forse?), così ho potuto ammirare da vicino la bella stele marmorea ed accarezzandola mi sono commosso, mentre pregavo invocando il suo spirito... L’emozione è stata fortissima. Poi ho declamato qualche mio verso e, quasi di getto, ho composto questa misera poesia che umilmente innalzo a Lui...» |
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