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Era una notte di neve
di quelle che non possono aver altro colore
perché c'è solo il bianco e c'è solo il silenzio
a scolorir le ore.
Ed io da dietro i vetri
li vidi come un sogno, come un'illusione
i carri dei circensi comparir dal niente
come una canzone.
Era l'ottantaquattro
avevo dieci anni e un padre contadino
mai avevo visto il circo, mai udito il mondo
nè mai assaggiato il vino.
Rimasi affascinato
da tutte quelle risa, da tutti quei colori
che pure a piedi scalzi avrei affrontato il gelo
e sarei corso fuori.
Ma eran di passaggio
e verso la frontiera fuggivano di corsa
si richiudeva il buio lasciando il velo bianco
sopra ogni voce persa.
E dopo pochi istanti
di quella meraviglia non c'era più alcun segno
lasciando dietro ai vetri lo sguardo di un bambino
che aveva visto un sogno.
Poi dopo mille inverni
li vidi riapparire come un eterno gioco
con file di cavalli, pagliacci, trampolieri
e perfino un mangia fuoco.
Chissà da quale inconscio
tornarono ora indietro, chissà da che frontiera
salivano dal cuore portando nella mente
l'incanto di una sera.
Ma neppure questa volta
poterono fermarsi o portarmi via con loro
i carri dei circensi ti passan nella mente
e poi rimani solo.
Li vidi allontanarsi
portandosi ogni risa, portandosi ogni suono
lasciandomi negli occhi lo sguardo di un bambino
pur se ora sono un uomo. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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