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“Ho partorito un figlio in ospedale
e l’ho lasciato dentro la struttura,
con me sarebbe stato troppo male,
la vita mia è stata proprio dura!
Allora avevo solo diciott’anni
e son rimasta incinta ... non so come,
battevo il marciapiede e certi ‘danni’
succedono ... e non hanno mai un nome!
Quel figlio, certamente, m’impediva
di fare la puttana a tempo pieno,
invece in una casa più giuliva
sarebbe stato meglio, perlomeno!
Con me si sono divertiti tutti:
ragazzi, camionisti, pensionati,
persone in vista e tanti farabutti,
col tempo, poi, si son dimenticati!
Adesso sono qui, in casa, sola,
son vecchia e sono pure malandata,
nessuno che mi dice una parola,
mi sento veramente abbandonata!
In questa solitudine sofferta
mi torna sempre in mente il mio bambino,
la situazione allora era incerta,
per colpa d’uno stupido destino!
Son già passati quarant’otto anni,
sarà sposato, avrà pure i figli,
non ero mai presente ai compleanni
e non gli ho dato mai i miei consigli!
Soltanto Dio conosce il dispiacere
che provo nel pensare al mio bambino
che adesso è un uomo, lo vorrei vedere,
tenerlo qui con me, sempre vicino!
La sensazione mi tortura il cuore,
per una colpa densa di amarezza,
mi porto dietro questo gran dolore
che mi procura un mondo di tristezza!
Ho sempre l’impressione che il destino
mi voglia castigare amaramente
lasciandomi incontrare da vicino
mio figlio, senza fare espressamente
la logica, dovuta conoscenza,
in quanto ignoro com’è diventato,
sarà dotato d’ampia intelligenza,
oppure sarà un celebre avvocato?
Ma ciò che mi diffonde più paura
è il fatto d’incontrarlo giù al mercato
con la consorte piena di premura
ed ignorando ch’io l’ho generato!
A volte scruto a fondo il mio dottore
per qualche eventuale somiglianza,
convivo con quest’intimo timore
che m’eccita provando una speranza!
Purtroppo non mi sono mai informata
a chi fu dato per l’affidamento
ed ora sento l’anima annientata
che mi procura un perfido tormento!
Osservo tutti gli uomini del mondo
intorno ai cinquant’anni, ... son mio figlio,
per questo vivo in modo alquanto orrendo,
mi sento la coscienza di un coniglio!
Mi piange il cuore nel pensare a lui,
vorrei averlo un attimo soltanto,
non posso entrare nei pensieri altrui,
ma prima di finire al camposanto
mi piacerebbe di guardarlo in faccia,
baciarlo e regalargli un bel sorriso ...,
per poi sparire senza lasciar traccia
e un giorno riabbracciarlo in paradiso! ”
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
«Una di quelle storie come ce ne sono tante, una donna dedita alla prostituzione che si vede costretta a rinunciare al figlio per praticare il mestiere più antico del mondo, ma quando poi la vita la lascia sola, nel cuore e nelle mente intervengono quegli episodi in cui si è commesso l'errore più grande, lasciare un figlio in mano al destino e restare poi sola con il rimorso nella coscienza di madre.» |
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