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Addio Italia, solo addio.
Me ne vado, deluso e ramingo
senza una meta e senza una lacrima,
senza bagaglio se non il dolore,
senza speme, né fede alcuna
per le lontane e gelide lande.
Passo leso e sconfitto dove chi
prima di me passo da vincitore,
solo senza mondo, senza un ricordo
di quegli anni che sono una vita,
non una sola azione m'insegue
e in una nebbia offusco i pensieri.
Non voglio ricordare Italia
come cosi poco ami i tuoi figli,
di come la tua spada sia ingiustizia
al soldo di chi ti ha orrendamente sfigurata,
non voglio ricordare cadente Italia
di come abbandoni chi ti ha amato.
Nelle fauci spalancate di Cerbero
lasci che i suoi denti tritino ossa,
che dilanino carni prive di sangue
sorda ai lamenti, alle urla
dei deboli perduti nella miseria,
sorda anche al silenzio dei traditi.
Oggi passero le titaniche montagne
senza elefanti e senza una scorta,
attraverserò il baluardo di pietra
dura come le menti che ti governano,
attraverserò i verdi pascoli montani
dove si odono lontane le campane.
Ridiscenderò da quelle candide cime,
fin dove scorre placido il grande fiume
come Stige del passato e del futuro,
dove già altri antichi ti voltarono le spalle,
vinti, che accecati dall'odio furono vincitori
e ti smembrarono in segno di disprezzo.
Ancora guardo alto, al mezzogiorno,
il cuore arranca privo della tua aria
e gli occhi si stringono senza una lacrima,
non ne ho più da dedicare, neanche per te
che neanche sai, cosa sia la disperazione
di avere finito la cosa più umana dell'anima. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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