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Può essere che d’autunno un temporale oscuro
tra i sogni del mio cuore perseguiti il cielo,
dove più gli conviene lampeggiare; e tristo e...
e muta può ora essere l’eco che ripete i tuoni, e osceno
il tuono che li segue quasi beando di gloria,
e le piogge che cadono sono veleni oscuri.
Ma certo è che nella Tempesta il mio cuore sogna,
quando il tintinnìo delle piogge culla il sonno suo,
lì, dove gli orbati orizzonti e mori si splendono.
E va... e va il sogno mio, ai piedi della Luna falba,
e qui placidamente si confonde nel suo volto,
come uno specchio che è in mano a una fanciulla. E va!
E trema alle saette oscure e iraconde, e ha paura.
E Tu, Infinito, non t’ho forse colto in questo sogno?
Può essere che d’autunno un temporale
scorra infelice le sue lingue di pioggia di vendemmia,
e che le ultime rose dell’estate nel suo mare inghiotta,
dove straripano di pianto le rogge più vessate,
sotto il mio sguardo che a una finestra le contempla,
quando sul vetro ogni stilla scivola e s’appoggia.
Ma certo è che nella Tempesta il mio cuore sogna,
perché non può far nient’altro, il visionario, il folle,
e sognando lamenta una canzone di Vita. E
nei sogni inciampa nelle tele dei ragni della Sorte,
e nelle sue piovose e tremolanti onde di follia
mi suggerisce le angosce e i dubbi tutelari.
E trema alle saette oscure e iraconde, e ha paura.
E Tu, Infinito, non t’ho forse colto in questo sogno? |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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