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Le fiamme si destavano, e bruciava
il biondo fieno e d’intorno un roveto.
Era una sera di giugno, e i mietuti
campi giacevano inermi e sconvolti,
e un contadino ritirava i buoi.
Un tenue canto dalle paglie urlava,
ed era un trillo d’un liuto irrequieto.
Alcuni labbri cantàvan, e muti
altri riedèvan ai tugùri. E molti
erano i corvi tra le nubi; e poi
al dolce suono di un’ansia zampogna
quieto splendeva il ciel della Borgogna.
«Dove vai, oh mia fanciulla per i campi?»
una madre diceva alla figliuola.
«Vado a distendermi alle paglie d’oro,
per guardare nel cielo dove vanno
le rondinelle ai nidi e i negri corvi
che all’ombra del mio piede si spavèntano
e fùggon via... e per mirare il tramonto».
«Dove vai, oh mia fanciulla per i campi?»,
e la giovine avea in mano una viola.
«Corro a sentire il mesto venìr moro
del vespro, e a urlare la gioia nel suo affanno,
tra i tenui nembi spaventati e torvi,
quando i fuochi del Sole si tormèntano
presso la Luna ai quali fa un affronto».
E la fanciulla per i campi andava,
e lieta e in festa e svelta camminava.
Ella sentiva belare un agnello,
e dallo stagno intese un cigno in canto,
e correva... e correva per le chine
delle colline splendenti di grano,
e accarezzava le spighe mature,
quando d’un tratto vide su’ un granello
posarsi l’ombra di una coccinella.
Allor si stese tra il biondeggiàr bello,
e lì, all’insetto si posò d’accanto,
e lo guardava. Poi con man supine
e con il volto lontano... e lontano
oltre le nubi che erano già oscure
recitò un Pater Noster. Cantò; ed ella
si intenerì alla canzone del cigno,
del lago il re, melanconico e arcigno.
E soggiunse - e chissà da dove! - un nero e
giovine frate, da un fosco sentiero, e
ergeva un legno che ardeva e infiammava
e un agnellino tremando belava.
«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
gli domandò la dama che ‘l scorgeva:
«A che le nere vesti e questa brace?».
«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
«Fanciulla, oh mia fanciulla, non mi vedi
che ligio e mesto io son domenicano?
Porto la luce per i contadini
che tornano dai campi, e per contare
quanti grani han raccolto per il Prence.
Fanciulla, oh mia fanciulla, perché tremi?
Forse temi il mio volto: è bello... guarda!».
«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
la fanciulla impaurita ripeteva:
«Col labbro parli, ma il tuo cuore tace».
«Chi sei tu, ombra di frate e a cosa vieni?»
«Fanciulla, oh mia fanciulla, non mi vedi
che sono buono e vengo da lontano?
Ho percorso sentieri e aspri Destini.
Ma perché non mi vuoi - ahimè - ascoltare?»
«No! Frate, ascolta! L’agnello ha paüra!
Qual è dunque la tua vera natura?»
«Te la dirò allorquando il cigno smette
di lamentarsi alle sponde del lago.
Ecco! Alzo un dito; e tace e si disperde:
il cigno è morto alle sponde del lago»,
e nulla più ridisse il frate pio,
scomparve ai boschi. Ella pregava Iddio.
Ed era l’alba, e il silenzio regnava,
e la campagna era tersa di Sole.
I contadini si destarono presto,
e andavano al mestiere con le falci
sopra le nenie delle ansanti donne.
La fanciulla al giaciglio era e destava( si),
e in man teneva alcune secche viole.
Guardò d’intorno, il tugurio funesto,
osservò fuori, e le betulle e i salci,
e pur dormendo sembrò fosse insonne.
E ripeteva: «Di che mi vergogno?».
Che cosa accadde?... Era un incubo, un sogno. |
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