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| Vi prego ascoltate;
però non seguite!...
Sto andando... a Casaccio!
“Si scaldano e ribollono le sfere,
s'incendiano, nel rodere pensieri;
macinano, ruminano, ripiene
d'eccesso che c'è stato fino a jeri.
Saltellano, nel mio vagare greve,
Passo la notte sveglio pel gran peso
mulinano, di giorno, e io non frego,
di notte io non veglio, né riposo.
In buio eterno, dormo, essendo sveglio
e, sempre, con luna e col sole;
ma ognuno, ben sapete, se ne fotte,
se io di giorno dormo, oppure a notte!
Del sole a mane il rio ritorno soffro,
pel gran calore intorno... lì alle cosce!
E di sghimbescio mano un po' a rovescio,
mi tocco, e stanco infine poi, m'accoscio.
M'acconcio e, amaro mastico, a dovere:
quello che certamente, più non svolgo,
poiché, or più non provo, e me ne dolgo
come una volta, né, so dar piacere.
Nel gioco assai sfumato, sono calato...
e stracco, freddo, e lento ora mi sento...
e a un tratto, invece poi: veloce, ratto,
senza voler, lo giuro! Vuoto il sacco...
Pur negli intenti, ai sensi resto un duro,
che di mollare non ne vuol sapere,
e spesso è un dramma osceno il mio tentare,
una sciagura e orrenda gran iattura.
Offesa alla natura, è mia figura,
mi rode quel riposo, che non godo,
inezia il gioco dura se riprovo;
minaccio, e solo ascolta, assai contrito...
Dovrei sollecitar con rovo o fuoco!
Frullare, oppure aizzar con un flagello!
Inetto ormai, di- strutto, un vero straccio...
Deciso, taglio orpello: ormai lo butto!" |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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