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Cime di nevi or disciolte, ascoltate
questo canto nel giorno d’un Poëta,
valli montane e dolci e intemerate;
voi che mi siete l’agognata meta
e che a questo orizzonte vi splendete,
e di cui l’ombra si mostra irrequieta
e che le fresche impronte ne spargete
a questo piano, oh voi, serene cime
delle quali perenne io n’odo or sete,
e che ispirate queste belle rime,
oh voi, che al nembo sembrate smarrite,
senso d’Eterno e sentir di Sublime,
questo mio canto, su! presto sentite,
oh montagne sublimi, oh voi romite!
Non ho che un sogno al rimirarvi, o monti,
voi che gemete i freschi maëstrali
e che ivi abbeverate i greggi e i fonti,
o voi superni, che all’aquile l’ali
all’Infinito trascinate, e il falco,
a cullar ne volgete, o voi immortali
che dalle rocce ne traëte il talco,
e che quest’eco ripetete mesta,
d’un cacciator che soffia è l’oricalco,
non ho che un sol desìo a voi, acre Tempesta
d’immota pietra, e freddi ruscelli, e ore,
voi, che alle nubi alzate la foresta
e che regnate la convalle in fiore,
o voi che siete il perno del mio cuore,
voi, serene potenze all’Alpi e ai sordi
orecchi degli Spiriti montani,
Mostri gentili di sassi e di fiordi,
sterpi pietrosi che s’èrgon lontani,
o voi, valichi eterni in cui mi spreco
e che reggete i castel, quei più arcani,
e che aver ne sembrate un aër bieco,
il qual inizialmente fa paüra,
molteplici occhi d’un Ciclope cieco,
non ho che un’ansia brama e che una cura
a voi che siete aguzzi come acciari,
e che ne dominate la Natura,
o voi campestri e alpestri e nudi mari
dei boschi e dei lor spirti tutelari,
non ho che un sol volèr, voi del Melezzo
ripe rocciose che aprite i confini
all’elvetica terra, o voi che il vezzo
tanto mi siete dell’Anima, e i pini
nutrite di torrenti, e io ho un sogno, e dico:
che bramo rivedèr i vostri alpini
freschi villaggi, e l’orizzonte aprìco,
e le boscaglie vostre, e i lusinghieri
valichi ombrosi, or del viandante intrìco,
e i vostri cupi, e imi e lunghi sentieri,
i quieti tigli, e i placidi castagni,
e l’alte nevi falbe come ceri,
e te vò rivedèr ruscel che bagni
quest’aspre sponde dalle qual ti lagni.
Oh monti, voi mi siete e Vita e spene,
voi che argentate le vette sublimi
nei brividi segreti di mie vene.
Voi, piacèr tutto mio, piccoli ed imi
sogno perdutamente, e i vostri pruni,
e i fiorellini vostri e amari i timi,
voi che mi siete le fonti d’alcuni
gaudi frequenti, e d’un calmo pensiero,
sguardi di sassi onnipossenti e bruni.
Ma qui in pianura si perde nel nero
truce tramonto questo vostro ardore,
e per me siete avvolti nel mistero.
Pur, tra le fosche vi scorgo il pallore,
voi che montagne sarete il mio Amore! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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