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Ti ho vista lassù
che bevevi il cielo,
congedando gli angeli e trasognando la gloria.
Grondava il sudore sulla mia pelle
quando i tuoi occhi mi captarono
e mi dileguarono in una selva
a tinte sgargianti ma dal sapore di arcano,
come esorcizzato dall'aurora boreale
che si affacciava
gettandosi nella trasparenza delle nascenti cascate
di acqua pura e cristallina,
che mi attorniavano di grazia e freschezza,
mentre alle spalle la città poco a poco si frantumava,
e le nostre case fluttuavano nell'abisso,
assieme al nostro bel gregge.
Tutto andava smarrendosi a nostra insaputa;
e per un istante
fu il fragoroso buio che mi squarciò il senno.
Ma poi all'istante fu l'abbagliante luce dei tuoi occhi,
mentre eri lassù,
che bevevi il cielo,
io vidi il sole per la prima volta,
come fossi venuto al mondo in quello stesso giorno,
felice di essere vivo nel moderno ignoto,
felice di aver spento il lume della mia ragione.
Hai bevuto il mio cielo,
hai bevuto il mio senno,
mi hai soffocato col tuo odore di fata,
hai carpito il mio stupore,
e credevo di sognare
sognare di essermi assopito in un letto di rose,
quando invece mi accorsi infine
che sotto quel pezzo di orizzonte io non sognavo,
e che oltre quel pezzo di orizzonte il cosmo era il nostro. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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