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| Ricordo un periodo lontano
dove la semplicità si toccava a pelle,
di mattino col cestino in mano
colmo di uova sode lustre e belle
con le scarpe bone solerte il contadino,
tutto messo ... dal panciotto alle bretelle
lui da capoccio di famiglia avea l'onore
di diriger la famiglia verso l'altare.
Della Santa Pasqua c'era l'odore
dalla stalla al casolare tutto era solenne
in umiltà di sentimento nel suo splendore,
tutti pronti... non si paventavano strenne
quella tavola imbandita rallegrava il cuore,
per tali leccornie ci rimettevano le penne
i ruspanti amici accuditi, da noi mai derisi
e l'umana sensibilità esplodeva nei nostri visi.
Passati di magro al cantuccio alcuni mesi
ora era il tempo della vita e della promessa,
in quell'atto di esser buoni non eravamo tesi
l'indole giusta e nel podere riaffiorava la messa,
nella preghiera intorno al tavolo vispi e presi
non c'era sofferenza né la modernità che stressa:
per l'unità della famiglia disposti in forze
e le unioni frutto di sostanza non sono romanze.
Nel frugale inciampo rubate le speranze
i conti non tornavano mai a noi mezzadri
sempre fermi alla fetta in stenti e sofferenze,
i padroni del vapore lor prendevano i denari
mentre noi in quei momenti di gradite presenze
nel nettare di bacco scacciavamo i tristi pensieri ...
facendo dell'armonia forza viva e sincera
e in questo bisbigliar di festa ... si faceva sera. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Per la festa solenne ... poesia libera in ottava rima... per riunire il passato e il presente...» |
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