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| Al primo apparire di maggio
mostrava dell’alto piumaggio
la tinta conchiglia in piumone,
l’uccello chiamato pavone.
La pinta moveasi piacente,
dal nucleo sprizzava raggiante
la folgore brilla e maestosa
corona che trova la posa.
Ma sotto, la casta formica
levò il fioco sguardo all’ortica:
cercava la strada più corta
per oltrepassare la storta
creatura di vegetazione
che fuga lo sguardo e l’azione
d’erbivora bestia affamata
dall’irta veduta sviata.
Ma tosto che fu sopraggiunta
al tocco dell’ultima punta
pareva di svolgersi innanzi
spettacol maestoso ... “Gli avanzi
-pensava la parva formica-
che dà pianticella d’ortica
non meritan già fioca vista
formando la zona più trista
del bosco e il paesaggio valente
si addensa nel prossimo ente
che vado testé ad incontrare,
l’artista più bravo: sa fare
conchiglie dipinte e maestranze
sublimi e non muove finanze,
non chiede e non spende moneta
ma dona agli insetti l’immota
tortuosa voragine infranta
del vortice e l’ora che incanta
colora lo spazio dei doni
poliedrici e ricchi di toni.
Non vede il pavone che poso
qui accanto e contemplo e non oso ...
-pensava il puntino più nero
del bosco- non vede che intero
fagocito l’alto piumaggio
bramoso nutrirmi a vantaggio
dell’occhio seccato e perdente,
risana la vista il valente
spettacol che vince il grigiastro
cammino ed il buio, il maestro
colora e non usa pastelli,
non usa terriccio e pennelli,
ma come l’ha fatto natura
riversa la coloritura ...”.
E mentre formica pensava
il passo più lesto incalzava.
Salita su un clivio d’altura
s’accorse, e la lesta andatura
serrava, s’accorse che si era
fermata su quella frontiera
che prima apprezzava giuliva ...
Addosso al pavone saliva!
Specchiandosi in tutto il piumaggio
pavone non resse all’oltraggio:
“O tu, formichina che invadi
dell’arte il terreno e non chiedi
consulto alla mente creatrice
sovrana, anzi no, imperatrice!
Io sono il demiurgo potente
di questo reame e paziente
fatico qui a tessere il tanto
bramato reame d’incanto.
Osasti posarti da neo,
macchietta in quadro che è mio,
rovini il prezioso tassello,
non servi alla corte del bello!”
E chiuso il suo becco pungente
colpì la formica innocente
con l’arma che aveva elogiato
se stesso in un mistico afflato. | |
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