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Mandarono le mappe di strega un ululato,
quando aprii la porta di getto sull'entrata,
fuggì nell'altra stanza il buio spaventato,
restituendone i contorni a quella ormai lasciata.
Non c'era che silenzio e odore d'abbandono,
in quella catapecchia che era il cuore mio,
non c'era un libro, un foglio, neppure un quadro o un suono,
per descrivere com'ero quando le dissi addio.
Soltanto nello specchio brillava il mio riflesso,
del dì che ero partito e nel bosco mi ero perso,
mi rivedevo ancora di spalle nell'ingresso,
mentre su quei muri crollava l'universo.
I luoghi a noi più cari a volte abbandoniamo,
per correr nel miraggio di sogni scoloriti,
e si lasciano morire, se noi non ritorniamo,
per questo i nostri cuori da adulti son feriti.
Pensai però che il tempo ormai se n'era andato,
doveva quella casa restare nella mente,
così ritornò il buio a riprendere il suo stato,
e quelle vecchie streghe ulularon nuovamente.
Ma dopo pochi passi pensai d'aver sbagliato,
poiché è già un dono raro tornare al proprio cuore,
capire dopo un secolo di essersi svegliato,
da quella nebbia fetida macchiata di torpore.
Tornai alla catapecchia due volte abbandonata,
le dissi: "Son tornato, stavolta per restare",
trovai la porta aperta e la stanza illuminata,
mi aveva preceduto la voglia di sognare. |
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