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Ed ecco,
nella valle dove la Sofferenza si perpetua,
bagnati da una pioggia di fredde lacrime scure,
sotto i disperati occhi dell’Auror che annuncia l’Alba,
due fratelli,
da sangue non uniti eppur congiunti,
il Nimbo di ciascun a recider pronti.
In questo Infernal Empireo di Dolor,
dove l’Alba è il crudel Tramonto,
dove il Mattin è presagio di Sventura,
dove la Luce è eclissata dal Terror,
due fratelli,
ciascun Tartaro ed Elisio di un sol cuore,
vittime d’un falso re che di bugie corrode.
Là,
dinanzi al mare dove Solitudine si insinua,
sotto quel gelido Sol che sull’uom si staglia,
sopra il triste Sepolcro di Titani ormai caduti,
due fratelli,
a danzar la funerea marcia della Fine,
l’agghiacciante melodia dell’infecondo Niente.
Lì,
dove un Radioso Amor si illumina di Morte,
dove un Silente Dio si fa araldo di Rancore,
dove un Perpetuo Fuoco brucia gli Innocenti,
due fratelli,
piangendo di Vergogna e maledicendo la Follia,
l’immagine di un vuoto Oblio gli spenti occhi invocar.
Qui,
sull’altare dove si immola la Speranza,
legati da un rivo di cremisi umore mortale,
al cospetto degli angeli messaggeri dell'Eterno,
due fratelli,
gli occhi nelle lacrime l’un dell’altro aspersi,
un unico grido inascoltato nel cielo levar.
Lontano, s’attenua l’eco dell’ultimo lamento:
e a compier l’opra sua viene chiamato,
quel moribondo nocchier d’anime afflitte,
stolto falciator della Fiamma a lui mai doma;
condannato dal Fato suo signor,
a incatenar ciò che Libertà sacrificando sciolse.
Ed ecco,
nel luogo dove un giorno sorgerà il Sublime Ponte,
costruito da color che della Vera Pace saran Fonte,
lo stupito mietitor a contemplare il Sacro Filo,
il Terror più grande del timor divino.
Due dita,
unite e infin congiunte,
da Perdono benedette,
a sopportar l’Odio,
il vizio che ci segnò.
Ad Armonia
nulla Mai
potrà essere fatto. |
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