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| Ho imparato a nuotare da piccola
agitando le braccia e tenendomi a galla
sulla superficie calma del placido mare amico.
Il mare di sempre...
l'ho fissato negli occhi di creta
infinite volte,
prendermi e lasciarmi sulla riva dell'abbandono
quando a inoltrarmi solitaria
tra dirupi rocciosi e desertiche sue sponde inclinate
sfumava allo sguardo atterrito
l'ultimo orizzonte
schizzato di vivido rosso.
Osservavo ammutolita l'incanto spettacolare
alte onde innervarsi penetrare il cielo fitto di nuvole,
pian piano gonfiarsi dentro di me,
sulla pelle irrorata di brividi
percorsa da gemiti gorgoglianti
richiamanti i lamenti dell'acqua a ogni suo movimento.
Trasaliva la marea baldanzosa
sovrastandomi con l'irruente potenza del moto ondoso,
al limite dell'ebbrezza l'anima infervorata
pregustava il soffio della tempesta
in bilico sul il precipizio della voragine abissale
a un passo dalla morte
paventava il cuore in uno spasmo di dolore.
Come un gabbiano
spalancando le ali al vento
percorrevo senza traiettoria l'immensità sperduta del blu,
calavo a picco nell'obliosa oscurità
di un mondo sommerso dai sogni
naufrago disilluso
aggrappato all'ancora di un ricordo
insabbiato nel tempo.
Ho imparato a nuotare tenendomi a galla
risalendo la superficie del mare agitato
quando imperversa con le onde minacciose
annaspi per sopravvivere. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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