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Era la neve, e gelidi
erano i nugoli,
e 'l tremulo orizzonte
s'apriva a' sera;
e io che qui giacea in tremiti
e in tristi brividi
affissi 'l guardo a un monte,
e a una riviera.
N'avea un sentir di subite
ansie e inquietudine,
e m'era reo 'l silenzio;
e un Sentimento
or s'ansimava in palpiti
di cor immobile,
un Destino d'assenzio,
d'orbo tormento.
Gemea di vane lagrime,
di pena insolita.
Col guardo in su' una via,
scorgendo i boschi
innevati di spasimi
sentivo crescere
la Poësia
pe'i cieli foschi;
e balenava all'anima
un'ombra euforica,
un dolce fiore incolto,
rosa del verno,
e in doglianze terribili
cercai resistere
al roseo stelo e al volto,
a un nembo eterno.
Assaporava io 'l limpido
soffio dell'Etere,
l'Elicònia diletta
al mesto core,
e al ghiaccio e fresco e cerulo
e al fiocco candido
d’una neve perfetta
or n’ebbi Amore.
Ma importuno ‘l labbro al docile
occhio d’un valico
versi sclamava e un’ode
a’ viola alpina,
e ‘l Destino famelico
proruppe orribile
all’ansio petto e in lode
or d’una spina.
Fu ‘l grido oscuro e formido
l’ardente gemito
e condannato e vano,
l’infame urlare
dal calle e dal patibolo
e reo e dall’aquila
d’un misero Titano
in van sognare,
e s’inquietava intrepido,
soffiava languido,
l’Alpi ne sibilava
or come un corno
del vento presso l’alito,
ne’ feri brividi,
e melliflua ansimava
l’eco d’intorno,
come Promèteo a’ fulmini
del foco incognito,
come un folle e ribelle
nel scialbo cielo
furioso e torvo un Angiolo
dal negro spirito -
d’un serpente la pelle -
Nume di Belo.
Ma la parola indomita
febbrile e tremula
come un’onda allo scoglio
fredda s’infranse,
e ‘l fior che sentìvala
in tetro dòmino
mi diè al petto un cordoglio,
e al cor che pianse;
e nell’oro d’un incubo
di svelta lagrima
un sogno fu al tramonto
nel sonno insonne
d’un Sentimento nobile
giglio d’un’àliga
che in memoria racconto
e a Divi e a donne,
e rinnegai ‘l vocabolo
al mesto petalo.
Pur non potei tacere,
riapparve ‘l fiore
di scialba neve e candida,
di cari spiriti;
e dolce m’è ‘l dolère,
nel mesto core.
Rosa di Santo Stefano,
bell’iris d’Etere,
neve d’un anno scorso,
quieta magia,
in memoria nostalgica
e melanconica,
questo è ‘l gentil rimorso
di Poësia;
e non volare via:
più d’un stel di rosa or s’appassisce
se ‘l fascinoso stame non ferisce! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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