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«Al di là del credo politico, della fede religiosa, del colore della pelle, della nazionalità e quant'altro è disumano che quella povera gente continui ad annegare nel nostro mare. Quei corpi avevano tutti un nome, un'anima ed il diritto di sperare in una vita migliore!» |
Inserita il 20/04/2015 |
S’apron frementi i gaudi squilli,
miraggio e poi l’udir di ostili tuoni,
sgorga il pianto di esausti fanciulli,
dormienti nel vano saper del nulla.
Suadente fu il migrar lontano,
la folla osando volle ahimè partir,
lunga la notte di quel viaggio vano,
lasciando arretro il certo soffrir.
Ma quel vento di maestrale di soppiatto,
sciolse ciò che un dì s’era legato
e pian piano come fa col topo il gatto,
sornione e poi crudele l’ha mangiato.
E mentre l’onda quei corpi via spazzava,
momenti eterni furon di dolore,
sterile pianto di quella gente schiava,
gonfio l’ostile mar li accolse con furore.
S’orge l’aurora ignara dopo la tempesta,
sgorga dal mar quel sogno triste e amaro,
speranze morte vestite a festa
per quel dì nascente povero e gramo. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«dedicata a tutte quelle povere anime morte in mare ree per aver sperato in una vita migliore.» |
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