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‘Na lumaca che sen’andava a spasso
tra l’erba d’un giardino un po’ anniscosto,
sentì ‘na lagna che da dietro ‘n sasso,
rompeva cor silenzio di quer posto.
S’incuriosì e giù de’ bona lena,
s’annede a vède cos’era sta’ sirena.
Datosi che la distanza l’era tanta
e lei ci aveva n’andatura lenta,
la notte la raggiunse ch’era stanca;
se sistemò in un sito a manomanca,
se ritirò pe’ fasse un pisolino
e se svejò che era già mattino.
E vide chi faceva quer casotto:
un lumacone nudo come un verme,
sembrava n’homo quanno stà alle terme
o quanno fa’ caciara in un salotto.
Se lamentava e piagneva er poverino:
so’ nudo e nun cio’ casa; è corpa der governo!
a mè me può spezza’ ma nun me inchino...
e giù co’ na’ bestemmia ar Sempreeterno.
E tu la casa, tu! come l’hai avuta?
con chi fai er pajo, con chi sei in combuta?
chi te protegge... er ministro dell’Interno?
e la lumaca... a scemo! a mè... l’ha data er Padreterno.
Si sei nato così c’è forse na’ ragione
e nun sta’ a bacajià su questo o quello,
chi vive d’invidia è perché nun’ha cervello;
godite er fatto d’èsse un lumacone.
Godite sto’ giardino, sta’ pace e st’inzalata
ch’e’ tutto gratis e nun l’hai lavorata
e nun pretenne che pe’ la tua bisboccia
l’artri se leveno, li sordi de’ saccocia. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«Nota dell’autore: qualsiasi riferimento è a fini poetici.» |
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