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«Credo che sia opportuno, lecito e doveroso riproporre i versi della breve poesia di Fedro che ha ispirato la mia modestissima composizione: "Anus iacere vidit epotam amphoram, adhuc Falerna faece e testa nobili odorem quae iocundum late spargeret. Hunc postquam totis avida traxit naribus: ' O suavis anima! quale in te dicam bonum antehac fuisse, tales cum sint reliquiae? ' Hoc quo pertineat, dicet qui me noverit. "» |
Inserita il 11/10/2016 |
Come il passante ancora riconoscere
sapeva quelle gocce di falerno
presenti in giare vecchie e pure rotte,
così possiamo noi in una persona
un passato glorioso indovinare,
anche se s’è ridotta alquanto male.
Da uno sguardo tuttora intelligente,
da una parola fine e un po’ desueta,
possiamo risalire a antico tempo,
ricco di fasti e di migliore vita.
I gesti di un barbone per la strada,
i modi di vecchietta nell’ospizio
(e di chi in casa sta, ma trascurato
è magari da figli e da parenti)
a noi fanno intuire che ben altra
fu la loro importanza tempo addietro.
Prima che si disperda totalmente
quel loro mondo tanto ricco e pieno,
di cogliere cerchiamo quelle gemme,
di riprodurle, per salvaguardare
le vite che hanno molto da insegnare! |
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«Da ragazzo studiai la breve poesia "Anus ad amphoram", di Fedro, in cui si accenna al pregio di anche soltanto poche gocce di falerno, il vino preferito dai Romani: qui ho cercato di svilupparne la tematica. Il caso volle poi che, da giovane, insegnassi per quattro anni a Carinola (Caserta), in una scuola media chiamata proprio "Campo Falerno", perché era lì la zona di produzione di quel famoso vino rosso. Da poco più di cinquant’anni esso viene sapientemente riprodotto e imbottigliato da un paio di case vinicole di Mondragone. (Beh, costa almeno 14 euro a bottiglia...)» |
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