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Questa è una poesia erotica: se può turbare la tua sensibilita o se non hai più di 18 anni dovresti evitare di leggerla.
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| L’ingordigia il vizio che coltivo
più di tutto al riparo nel mio orto
Goccia a goccia ogni zolla io disseto
ché in nettare muti sulle tue labbra
all’ora del ritorno. Perché io so che rivedrò
i tuoi occhi d’improvviso al calar del giorno
tra le lingue infuocate del tramonto
e l’anima mia, vela in un mare di procelle.
L’ingordigia il vizio che ricordo
più allettante del miele per un’ape
nel profumo dell’erba cresco un fiore
chiuso nel pugno nella notte buia
che tu sarai ancora carne della mia carne
e fiume nelle viscere profonde
e scenderai i fianchi miei scoscesi
nel fremito delle cosce chiuse,
la lingua negli anfratti misteriosi
a vagar umida tra le sponde
smarrita nello scrigno del piacere.
Serbo il ricordo di quella lunga notte
la febbre della bocca sul velluto
mai sazia e al suo vizio sì legata
un pargolo al materno seno,
ricordo quella lunga notte
di calici e seta sulla pelle
di corse silenziose dentro il prato
di muschio profumato e di rugiada
Non passerò mai l’ago nella cruna
per questo mio spasmodico godere |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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«L'ingordigia è un rifugio emotivo: è segno che qualcosa ci sta divorando.
- Peter De Vries -» |
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