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E scale come hotel
erigono rumorosi artistici passi
rullando ogni lato nelle strade,
dove silenzioso ed angolare,...
mi hai seguito,
impenetrabile, mi hai difeso,
perché non c'era tempo per ridere,
nè per ricordarsi dell'amore
conosciuto a casa,
nelle lacrime, nelle mani
che volevano dividersi
solo per accarezzarti,
raccolte sotto lampadari da aggiustare,
della confidenza, ora non più
nella confidenza del giorno
dove scheletri racchiusi
parlano romantici,
lungo ancore di sale
eludendo ancora la leggi solide dell’amore.
Avrei pututo spaventarmi della morte
e più non della morte,
nella severità con la quale si spiegava
il tuo volto,
immerso in passi dove,
niente da ridere, attanagliava il giorno
il loro, giorno che rideva di niente,
per quel niente che
non avrebbe potuto far fronte
ad una cosa buona e giusta
ad un sorriso o alla squillante risata,
avrei potuto vivere un vicolo cieco,
dal ponte di strade,...
d'istigazione al suicidio...
Mi hai trovato sotto la scala,
di una finestra che non portava a niente
se non a d'un salto nel vuoto,
pieno di piani e dimensioni,
perché tu non potessi trovarmi,
ma sentirmi in cammino,...
Lei avrebbe voluto gettarsi giù
provare quello che adesso è solo un racconto. | |
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Patri |
06/07/2014 22:12| 704 |
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«Escher
Da un quadro, non la sindrome di Stendhal ma la vita,... un autoritratto» |
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