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L’alte ripe e ‘l ruscel che azzurro freme
e ‘l storno e l’usignuolo avvinti insieme,
e le spine de’i rovi e in fango i sassi
e i fiori lassi,
e le foglie e ‘l spirar de’i bei nocciòli,
e i salci e i faggi e i tigli e i lor bocciòli,
e l’oleändro, labbro di veleno,
e ‘l ciel sereno,
e d’in su’ un fonte l’acqua che ne gronda
al ceppo veglio e rozzo, e l’erba bionda
passeggiando ne veggo, e ‘l pescatore
e l’orbe more;
e oltre ‘l nembo azzurrino e ‘l roseo Sole
ne miro i campi incogniti e le viole,
e l’orizzonte estivo che tramonta
mi si racconta...
Racconta ‘l prisco vento e l’aspra sera -
come spettro tra Estate e Primavera -
e della Notte ‘l volto e ‘l suo reäme
è negro rame.
Racconta ‘l muto orecchio e l’orba quiete
delle selve e de’i pruni e l’arsa sete
del gran che a giugno muore - un crine biondo -
del seme al pondo.
Racconta l’ora assorta e ‘l fior d’un bacio
e ‘l sepolcro funereo in cui mi giacio;
e la campagna m’è molle e corriva,
ansietà estiva.
Allor mi son dolenti queste foglie
che in sul tramonto si pingon di doglie,
nell’ale fulve del Sol che decade
oltre le biade,
tinte d’autunno e di notturna forma
come l’ombre in sul grano cerula orma.
M’inquieta questa Notte e quest’Estate,
misero Vate;
e vado e fo’ gridate
queste spemi gentili, e l’aura muore
come un ghiaccio disciolto ch’è d’Amore,
come le pie e dorate
impronte bianche dell’ansante Luna
sulle risaïe, notturna laguna
di Notte bruna! |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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