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 E non c'è abbandono
che valga per il suo durare:
di una madre guardarla allontanarsi
col suo passo claudicante e stanco,
sola, come sola sa essere una donna
che ha imparato a tirare avanti al meglio,
senza amore
E chissà quale fu il vero abbandono
se il suo, per il tempo necessario
o il mio per non averle donato un sorriso
mentre sola si smarriva nell'urgenza del vivere
in quei freddi invernali di vento e spavento
Pesa questo rammarico,
pesa, madre mia,
ancor più del rivedermi
rimboccare sola le mie coperte bambine,
cullare la tua assenza
nella forma vigliacca di un abbandono
Quanto sanno essere ingrati i figli
per quel loro esigere,
quanto ingrata sono stata io
E non c'è abbandono che valga
per il suo durare:
di quel padre assente, latitante fino alla morte,
anche se il fuggire non fu il suo
Pesa questo rammarico,
pesa, padre mio,
ancor più del rivedermi in quell'attesa bambina
appannare i vetri di quel finestrino,
portare avanti il cuore per l'ultimo saluto,
mentre il treno mi portava via
con l'afona voce dell'addio
Non c'è abbandono
che valga per il suo durare:
strappo, lacerazione
ferita nel segno della vita,
occhio che si vela nel vivere
e si svela orfano in ogni addio. | 

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Anna62 |
21/05/2014 00:16 | 1633 |
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