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Il mare stamane pareva
un lucido specchio d’argento
immoto, come era il vento
che tutto taceva sicché
la spiaggia, vasta e vuota,
nesssun segno recava di battigia.
Nettamente tra loro divisi
mare e terra non avevo mai visto;
strana questa nuova apparenza
mi colpì sì che immobile anch’io
sono restato sotto il terso cielo
ammirando il cangiare della luce
che riflessa dall’acqua sembrava
trasmutare da argento nell’oro –
compiendo la arcana alchimia
dagli umani da sempre cercata –
e nell’oro scorrevo silente
godendo dappieno dell’acqua
la sensuale carezza,
primordiali ricordi alla mente
affiorando e nel cuore
ancestrali pulsioni represse.
A lungo in te immerso,
mare così tanto amato
ed ascoltato nei fremiti
di soffici brezze e nel grido
di libeccio e maestrale.
Difficile era il ritorno
difficile era lasciare
il tuo abbraccio, mio mare,
che da me distoglievi il pensiero
di lei sulla spiaggia
da lei che il mio viso vedeva
come di caro fratello nel mentre nel cuore
coltivavo i bei fiori
della passione, a fasci
legati con aspri sospiri
e con lacrime calde.
E cosa di te privo, mare infinito,
mare dei miei sogni, avrei potuto fare
di libertà furiosa; e tu cui io
volgevo gli occhi appassionati e poi
feriti a morte
dal tuo sguardo affettuoso.
Non era affetto solo il fine, tu sapevi
e lo sapeva il mare
sempre per me pronto e disposto.
Come vi amavo.
Ed ho tradito entrambi ricercando
nuovo respiro e nuovi affanni.
Forse ho sbagliato.
Portare dentro l’opprimente segreto – tanti
rimpianti. O mare, ora sei ben lontano
e tu, mia amata che il mio amore ancora
ricerca però senza quel sapore
della speranza che marcò la vita, dove sei?
Ho rivisto entrambi, quanto ahimé distanti,
dalla mia strada ma sì viva è ancora
in me la vostra traccia, e ben profonda,
che prego il Sogno, vera mia esistenza,
scissa da quella dei diuturni assilli,
di recarmi con voi,
mia giovinezza. |
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