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«Ho trovato in Internet notizie di W . (Fausto Wolff): ritornato a Rio de Janeiro nel 1978, è purtroppo scomparso nel 2008 . Tra le varie testimonianze su di lui, mi piace riportare quella del giornalista Hélio Fernandes (nel sito "Biografia. inf. br. ") , che traduco volentieri dal portoghese: "Fausto Wolff non ebbe giustizia e fu quasi ignorato in vita, soprattutto dalle persone che non si sarebbero potute avvicinare intellettualmente a lui. E quando morì fu quasi schiacciato dal numero di persone importanti che morirono nello stesso periodo o addirittura nello stesso suo giorno. Ma Fausto Wolff, come giornalista e scrittore, fu un personaggio importantissimo. I suoi libri (scritti negli intervalli delle traduzioni che faceva per vivere) erano pensati, concretizzati e trasformati in realtà con spaventosa e straordinaria competenza. Praticamente traduceva un libro al mese e incassava i diritti: viveva di questo. Parlava correttamente e correntemente il tedesco e il norvegese, e abitualmente il francese e l'inglese. E fu professore di letteratura in Italia (a Napoli), dominando ammirevolmente quella lingua. Però irritò molta gente: aveva talento in eccesso, non gli piaceva transigere né rendersi simpatico, e questa non è la strada che porta al successo. Nonostante ciò, Wolff aprì e percorse il suo cammino. Fu uno scrittore di primo piano e un giornalista senza peli sulla lingua. Ciò non è stato detto nei necrologi, e lui avrebbe meritato molto di più. "» |
Inserita il 26/07/2014 |
Qualche volta riemergono i ricordi
tenendo fra le mani vecchi appunti,
e stringo tra le mie quelli che scrissi
quando seguivo le particolari
lezioni sui poeti brasiliani
fatte da un professore che nessuno
per sudamericano avrebbe preso.
Alto, slanciato, biondo, con degli occhi
azzurri che potevano incantare
ancora facilmente le ragazze,
si presentava (se si ricordava)
le mattine dei giorni convenuti
per parlarci di quel lontano mondo.
"Trenta e lode! " alla fine degli esami,
con il suo accento quasi genovese,
pei suoi rari studenti proponeva
(e ne beneficiai pur io una volta):
"Ha fatto tanta strada il candidato
per venire fin qui: già questo basta! "
Una lezione gli riusciva meglio
se lui beveva (spesso gli accadeva)
tre o quattro bicchierini di buon whisky,
che gli serviva per dimenticare
la moglie, una danese che l’aveva
tradito di frequente, e che lui stesso
volentieri chiamava "una puttana" .
Cercava di rifarsi con le poche
studentesse che avevano l’ardire
di entrare dentro l’aula, che sembrava
una tana di lupo (ed era questo
del suo cognome il significato) .
Diceva che in un mondo ormai moderno
nulla di male ci sarebbe stato
se un professore come lui portato
avesse a letto qualche studentessa,
purché essa fosse stata maggiorenne.
Come a molti poeti spesso accade,
alle parole i fatti forse mai
seguirono però: io mi ricordo
che tornava da solo in qualche casa
di profugo politico, soltanto
accompagnato dalle intense voci
di quei suoi tanti autori prediletti. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«W . non era un professore ordinario, ma uno scrittore di mezza età (autore di tre romanzi d’avanguardia) che, nei primi anni Settanta, come altri suoi connazionali di sinistra (Chico Buarque de Hollanda, ad esempio), si era rifugiato in Italia per sottrarsi alla dittatura militare in Brasile. Brasiliano di origine tedesca, aveva accettato un posto precario all’Università, in attesa di tornare al suo Paese in tempi migliori. Dopo tanti anni, i ricordi delle persone grigie, pur se di valore, si attenuano; restano nitidi quelli di coloro che avevano qualche accentuata peculiarità.» |
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