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No, non voglio più il tuo sguardo
mai più il tuo respiro. Tu, che parevi “ciatu ri lu mè ciatu”
no, non voglio più le tue mani... le tue mani,
quelle mani luride... quelle mani che hanno squassato la mia anima.
Ah, maledetti occhi, maledette mani,
che hanno bucato il mio cuore,
l’hanno scavato, l’hanno perforato!
Ah, maledetta la volta quando mi hai sorriso,
maledette le parole dolci che sembravi offrirmi
come fossero sigilli d’amore!
L’amore... cos’è l’amore? Cos’è più il mio cuore.
Ho un dolore infinito che mi tormenta, che è terremoto e disastro interiore.
Mi sembra d’impazzire... con quel viso d’angelo, con quel tuo viso d’angelo...
e quelle parole d’amore che mi parevano poesia
...la spada ha trafitto il mio cuore
ha raggiunto il fondo del fondo della mia anima,
la piaga della mia interiorità è come voragine
che nessuno, nessuno mai più potrà colmare.
Il dolore, oh dolore, dolore immenso, oh tragedia disastro della mia vita!
Strappatemi i capelli, tagliatemi le braccia.
Ormai il mio cuore è stato dilaniato
ormai la mia vita è finita!
Oh, maschio che vuoi possedere,
vile maschio che pensavi di comandare la mia vita.
Sappi che anch’io ho sentimenti, gli stessi tuoi sentimenti,
anch’io ho emozioni, le stesse emozioni che provi tu nella tua vita.
No, non sono il pupazzo, il tuo pupazzo, non sono la bambola del tuo immediato piacere, non sono il giocattolo del tuo gioco infame.
Lasciatemi sola,
abbandonatemi nel deserto,
scavatemi una caverna nella roccia:
oramai il mondo m’è crollato addosso.
Oh, dolore immenso!
oh dolore inimmaginabile!
Sappi che la vergogna, tutta la vergogna del mondo mi ha corroso.
E tu, (rivolgendosi al pubblico ed indicando qualcuno) con il tuo sguardo beffardo continui a infilzare le piaghe che mai si rimargineranno.
Inghiottimi, oh terra,
schiacciami, oh montagna,
annega, oh mare, il carnefice della mia condizione.
Cosa resterà di tanta violenza, cosa resterà?
Nulla, il nulla, per coloro che l’hanno prodotta
Solo il rimorso che li corroderà nell’anima,
la voragine, il baratro, per chi l’ha subìta, l’ha pietrificata dentro di sé.
O cuore mio, che non batti più, oh, cuore mio, che ti hanno strappato alla tua divina vocazione d’amore. Il mondo è veramente crollato, il mondo è rovinato da questi vili atti, da questi vili attori
Via da qui, tu, proprio tu, via da qui, allontanati dai miei occhi.
Via, via lontano da qui, osservatore inerte della mia disperazione.
Ribellati ai tuoi simili, ripristina la tua divinità che pulsa dentro.
Ti prego via da qui, tu che ti fai chiamare uomo ma non ricordi che sei tratto dalla terra.
La mia speranza, la speranza di tutte le donne, madri figlie, mogli compagne, l’unica speranza che abbiamo
è che il sangue si ribelli, il corpo ritorni ad essere venerato e non oltraggiato
e tutti uniti nell’amore sappiamo costruire una nuova coscienza per questa società sterile, metallica e crudele. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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«Il testo fa parte di una mia stesura coreutico- teatrale in programmazione per giorno 19 maggio 2014 all'auditorium di Bemonte Mezzagno (Pa)» |
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