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Mi’ moje cor vestito lungo e nero
e l’occhi che brillaveno de pianto
strillava: “Nun ce credo! Nun è vero!
La morte nun me po’ strappa’ ‘sto santo!
M’ha dato notte e giorno tanto amore
e in diciott’anni nun m’ha fatto ‘n torto!
Madonna, com’è forte ‘sto dolore!
Madonna, dimme Tu che nun è morto!
Un òmo arto, bello, dorce, forte
e coraggioso come ‘n samurai,
vinceva pure co’ la malasorte,
e a letto, giuro,... nun smetteva mai!
C’aveva sette vite come ‘n gatto
e se quarcuno me guardava troppo
scattava come ‘n furmine e quer matto
finiva de squajàssela ar galoppo!
La sera quanno usciva dal lavoro
veniva dritto a casa e m’abbracciava,
co’ quella forza che sembrava ‘n toro
e, poi, cor sentimento, me baciava!
‘Nsomma mi’ marito era gajardo,
però soffriva ‘n po’ de gelosia
e se facevo ‘n piccolo ritardo
er còre je scoppiava de fobia!
E’ sempre stato ‘n tipo permaloso,
pe’ lui la moje era come ‘n fiore,
sortanto suo, er bene più prezioso
e ce teneva troppo ar proprio onore! ”
...... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...
...Me so’ svejato mezzo ‘mpaurito,
me so guardato a fianco co’ sospetto,
ho visto er letto ... e ho subito capito ...,
...ar posto de mi’ moje ‘sto bijetto:
...“Pe’ caso te svejassi co’ appetito,
so’ annàta a pjà er salame da Giggetto! ”.
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Commenti di altri autori:
«veramente un incubo... descrizione in dovizia di particolari per questo sentimento che fa male... sempre bravo l'autore con il suo bel venacolo romano che rende tutto ancor più ironico... il mio plauso»
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